A
distanza di un mese in cui si è chiaccherato e speculato a volontà sulla
questione, le acque pare si siano finalmente calmate. Come spesso accade in
questo periodo, si ama trarre conclusioni affrettate per sostenere gli animi
degli appassionati stufi del lungo periodo lontano dal rettangolo verde. Al
centro del ciclone c’è stato Antonio Brown che dopo aver saltato le prime
sedute volontarie di offseason workouts, si è riunito ai compagni con una settimana
di ritardo. A tranquillizzare i tifosi ci ha pensato il giocatore stesso, che
nei giorni seguenti sul suo profilo Twitter, ha motivato la sua l’assenza in
seguito nascita della figlia.
A questo
punto, noi poveri ingenui diremmo che è tutto a posto e che non c’è niente per
cui preoccuparsi, ma gli espertoni d’oltre oceano non la pensano proprio così,
ritenendo la faccenda più strana e intricata di quanto si possa pensare. Questa
“stranezza” deriva dal fatto che l’ex Central Michigan, pur essendo stato nel
2014 il secondo miglior ricevitore dietro al solo Dez Bryant, ha uno stipendio
di gran lunga inferiore rispetto ad altri giocatori della lega militanti nel
suo ruolo e che gli farebbero tranquillamente le scarpe. Nella plausibile (a
questo punto comprensibile) frustrazione del nostro ricevitore, analizzando i
salari che percepiranno complessivamente nel 2015 i compagni di reparto,
troviamo giocatori come: Calvin Johnson, Andre Johnson, Dwayne Bowe, Vincent
Jackson e molti altri, che guadagneranno dai 3 ai 10 milioni di dollari in più
per la stagione a venire, pur avendo collezionato nel 2014, numeri di molto
inferiori al nostro WR. Brown firmò nel 2012 un contratto in linea con le sue
attitudini di allora (6 anni per 41,7 milioni di cui 8,5 garantiti), ma,
ricordando il modus operandi della società, che in genere tende a non negoziare
i contratti dei giocatori a meno che non si trovino nell’ultimo anno, in questo
caso una variazione di tendenza sarebbe alquanto logica, sposando a pieno la
causa della squadra.
Per
quanto possa essere a noi familiare il detto “vado da chi mi paga di più”,
essendo il nostro un popolo di calciofili abituati a veder abbandonare le
squadre dai beniamini con il solo scopo di arricchirsi, nell’NFL la situazione
potrebbe essere pressoché la stessa se non per il puro e vero motivo di
dedicarsi a pieno verso una franchigia che ha il solo scopo di pagarti lo
stipendio cercando di rispettare un tetto salariale imposto. Nello specifico
del nostro WR, mi auguro che il nome e la reputazione che si è guadagnato in
questi anni nell’ambiente, lo spingano a voler restare senza problemi,
perlomeno fino al termine del suo contratto nel 2018. Dal canto loro gli Steelers
dovranno cercare di tenere alto il morale del giocatore pianificando al meglio
i tre anni a venire sulla distribuzione degli ingaggi (rinnovi-acquisti-tagli),
abbassando possibilmente il cap, avendo all’occorrenza un margine cospicuo da
poter impegnare. Diversamente, nel caso ci si dovesse scontrare a muso duro per
il futuro, una soluzione che la società potrebbe prendere in considerazione sarà
quella di volergli ristrutturare il contratto includendo degli incentivi che lo
spingerebbero a percepire un “base salary” tra i primi 6 della lega, cercando
di trovare successivamente un accordo. Se il percorso 2015-2016-2017 in ambito cap non
dovesse essere dei più rosei, un'altra alternativa potrebbe essere quella di
strappare il prolungamento attraverso un corposo signing bonus.
In ottica
roster, la redazione come terza scelta assoluta dello scorso draft di Sammie
Coates può far riflettere. Il giovane prodotto dell’Auburn University, potrebbe
andare a sostituire in un progetto a lungo termine, proprio Antonio Brown,
anche se le capacità tecniche e le attitudini fisiche si avvicinerebbero di più
ad un Martavis Bryant 2.0.
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